9 Maggio 2016

Tre preti, una famiglia: e a Milano non sei più solo

Parrocchia di san Vito al Giambellino, Milano. Li chiamano "nonno, padre e figlio" per via delle loro età. Sono don Tommaso, don Antonio e don Giacomo e nel cuore di una metropoli che rischia di essere spersonalizzante sono riusciti a creare una famiglia vera, con la loro fede e la loro umanità piena.

Non c’è over 40 che non conosca il quartiere Giambellino alla periferia ovest di Milano e dato che il nostro paese non è fatto di giovanissimi stiamo parlando di un buon numero di persone. A renderlo celebre, fu negli anni 60, la ballata del Cerutti Gino che come allora cantava Giorgio Gaber, passava le giornate seduto al bar del Giambellino e tutti lo chiamavano Drago. La canzone era così famosa che quando Giorgio Gaber ci ha lasciati, qualcuno scrisse oggi è morto Cerutti Gino ed in molti piansero entrambi senza nulla togliere al grande cantautore.
Era il romantico racconto di un quartiere un tempo regno della mala milanese, dove l’eroina alla fine degli anni 70 ha quasi sterminato un’intera generazione.

Oggi la situazione è diversa anche se, come per molte periferie, ancora difficile. Ma il Giambellino non molla. È da sempre un quartiere coraggioso e combattivo, una fucina di idee, un pullulare di associazioni, una ricchezza nata dall’incontro di genti diverse per estrazione, nazionalità e cultura.

La parrocchia di San Vito al Giambellino cuore pulsante del quartiere e ricca di tre sacerdoti, ne incarna pienamente i tanti volti, sfaccettature comprese.
Don Tommaso Basso, il più anziano con il sorriso comprensivo di chi conosce bene la fragilità umana, don Giacomo Caprio, uno dei volti più giovani tra i nuovi sacerdoti e don Antonio Torresin (il parroco), con la sua azione pastorale ricca del desiderio di accoglienza ispirato alla vita di Gesù del quale dice: “Gesù ha vissuto così la propria missione, aprendo la sua umanità come spazio ospitale e lasciandosi accogliere nelle case e nella vita degli uomini che incontrava: lo ha fatto vivendo l’ospitalità nei due sensi nei quali la si pratica: ospitare e lasciarsi ospitare.”

Sono i tre volti del quartiere, quello dolce degli anziani nati al Giambellino e ormai storici abitanti, dei giovani che riscoprendolo tornano a viverci, degli immigrati che ne colorano le vie con lingue e culture differenti. E in parrocchia, casa accogliente di tanta umanità, certo non manca lo spazio per generazioni ed etnie diverse, e lo stare insieme si trasforma in momento di fede e socialità.

Forse lontani dalla “Milano da bere”, dai bar eleganti della città più europea d’Italia, ma vicini l’uno all’altro in uno spazio, quello della parrocchia di san Vito al Gianbellino, dove c’è posto per tanti anche se diversi tra loro e dove solo la solitudine fatica a sentirsi a casa.

(Giovanni Panozzo)

9 Maggio 2016
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